A.C. 4394
Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione individua tre ragioni di straordinaria necessità ed urgenza, di cui si è dato conto in sede di discussione delle questioni di pregiudizialità: prevedere misure per la celere definizione dei procedimenti amministrativi innanzi alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e per l'accelerazione dei relativi procedimenti giudiziari, nel rispetto del principio di effettività, in ragione dell'aumento delle domande di protezione internazionale e dell'incremento del numero delle impugnazioni giurisdizionali; adottare misure idonee ad accelerare l'identificazione dei cittadini stranieri per far fronte alle crescenti esigenze connesse alle crisi internazionali in atto e alla necessità di definire celermente la posizione giuridica di coloro che sono condotti nel territorio nazionale in occasione di salvataggi in mare o sono comunque rintracciati nel territorio nazionale; infine, potenziare la rete dei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e di assicurare al Ministero dell'Interno le risorse necessarie per garantire l'effettività dell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e di allontanamento dei cittadini stranieri in posizione di soggiorno irregolare.
Il fenomeno migratorio ha da sempre caratterizzato la storia dell'umanità, ma la nostra fase storica ne sta vivendo la drammaticità, le contraddizioni e le sfide in maniera eccezionale, e così sarà per numerosi decenni a venire.
Nessun Paese dell'Europa o del mondo può da esso considerarsi estraneo o indifferente. È quindi naturale, necessario ed anche urgente interrogarsi su quali strumenti utilizzare e soluzioni determinare per affrontare i drammi, i problemi e anche le sfide che questo fenomeno produce e induce.
Sono tre le direttrici fondamentali su cui concentrare gli sforzi. La prima è l'impegno a fermare, a ridurre i flussi, ad azioni di contrasto nei confronti dei trafficanti di uomini e controllo delle frontiere. La seconda è l'accoglienza intesa come sistema e gestione delle strutture ed, infine, l'accoglienza per chi scappa da guerre e violenze e il rimpatrio per chi non ha diritto di restare.
Per quanto riguarda la prima direttrice di intervento, noi tutti sappiamo, per i dati che ci vengono quotidianamente forniti, che la partita si gioca soprattutto oltre i nostri confini ed in particolare quasi esclusivamente in Africa. Maggiore sarà in quei Paesi la crescita di una cultura democratica, di una giustizia sociale e di un sistema economico che garantisca condizioni di vita dignitosa, migliore sarà il Governo del fenomeno migratorio perché minore sarà il numero di coloro che vorranno scappare dalle loro terre di origine. Avere un progetto per l'Africa che incentivi e favorisca interventi di carattere economico, di carattere sociale e che mirino a raffreddare i conflitti è certamente utile perché si agisce all'origine delle sofferenze e si tenta di operare e risolvere almeno in parte le ragioni che in larga misura determinano la crescita inarrestabile del fenomeno migratorio.
In questo contesto, signor Presidente, dobbiamo quindi salutare come ottime notizie gli accordi che il nostro Paese ha concluso nei mesi scorsi con il Niger, la Tunisia e la Libia, accordi che hanno come oggetto il tema dei flussi migratori, del contrasto ai trafficanti di uomini e del controllo delle frontiere. Tali accordi assumono poi maggior rilievo quando - questo è il caso di quello sottoscritto il 2 febbraio scorso con la Libia - essi vengono fatti propri dall'intera comunità europea, dall'Unione europea: la firma è stata il 3 marzo 2017 a Malta.
Per quanto, invece, concerne le altre due direttrici, gestione del sistema accoglienza, da una parte, e accoglienza e rimpatri, dall'altra, il decreto-legge di cui oggi l'Aula discute la conversione fornisce strumenti innovativi, prevede nuovi e maggiori investimenti sia in termini di risorse economiche sia in termini di nuove e qualificate assunzioni di personale, norme che si inseriscono in un processo virtuoso già avviato dal Ministero dell'Interno che rafforza tali politiche.
In tali processi e politiche si inseriscono gli accordi conclusi su base volontaria con i comuni e con l'ANCI al fine di superare i grandi centri di accoglienza e l'accordo siglato con l'Anac per dare una giusta regolamentazione agli stessi centri attraverso anche l'approvazione di un contratto-tipo per la loro gestione. Infatti, aumentare gli investimenti e gli accordi premiali per i comuni che volontariamente si mettono a disposizione per rafforzare l'accoglienza diffusa e, dall'altro, avere un contraente unico, tracciare i servizi e aumentare la capacità ispettiva del Ministero sono le precondizioni indispensabili per costruire una nuova e forte strategia dell'accoglienza e del rispetto delle regole.
Risulta evidente, signor Presidente, che le ragioni di necessità e di urgenza che ho descritto in apertura del mio intervento e di cui il decreto-legge rappresenta esplicitazione costituiscono una risposta adeguata, ragionevole e, al tempo stesso, efficace per affrontare un fenomeno di proporzioni davvero eccezionali.
I relatori hanno descritto analiticamente ed efficacemente le norme cui ho fatto riferimento. Quindi, mi soffermerò solo su alcune di esse che per novità e forza, secondo me, consentiranno di dare risposte che prima d'ora erano nei fatti impossibili.
Era necessario accelerare in modo significativo, come ha dato conto anche il rappresentante del Governo, i tempi per ottenere l'accertamento dello status di rifugiato e di richiedente asilo per rispondere alle domande giudiziali in riferimento alle controversie che l'articolo 3 del decreto-legge ci illustra. Il lavoro complesso svolto dalle commissioni territoriali e dai giudici ordinari ed i tempi necessari per ottenere risposte esecutive ed efficaci, oggi anche superiore a due anni, non sono oggettivamente più accettabili. Non lo sono per coloro che chiedono e aspettano con ansia una risposta, ma non lo sono neppure per i comuni che su base volontaria vogliono offrire la loro collaborazione: essi hanno diritto di sapere chi ospitano, se profughi o stranieri irregolari, per quanto tempo e con quali garanzie. Aver acquisito, in forza degli accordi conclusi su base volontaria cui prima ho fatto cenno, sostegni e risorse che possano essere destinate anche ai propri cittadini rappresenta certamente una novità importante ma tutto ciò per quelle comunità non può prescindere dalla conoscenza dell'identità di questi stranieri e del tempo durante il quale permarranno.
Aver, quindi, previsto un rito camerale semplificato che permetterà di contenere le decisioni dei giudici entro quattro mesi dalla proposizione del ricorso; aver previsto l'inappellabilità delle decisioni e la sola ricorribilità in Cassazione delle stesse risponde efficacemente alle emergenze e alle necessità di cui ho detto in precedenza senza intaccare le garanzie di un giusto procedimento e i diritti di difesa delle parti. Anzi, aver costituito sezioni specializzate in materia di immigrazione presso ogni corte d'appello caratterizzate dall'appartenenza ad esse di giudici esperti, formati e competenti per le trattazioni delle suddette questioni garantirà ulteriormente alle parti equilibrio, uniformità e celerità nei processi. Il nostro sistema giudiziario già conosce tali giudici specializzati: le sezioni del lavoro e le sezioni tribunali dell'impresa costituiscono esempi illuminanti ed apprezzati che dimostrano quanto la specializzazione possa influire sulla qualità delle decisioni e sui tempi in cui le sentenze vengono pronunciate. È una strada peraltro che la magistratura e l'avvocatura auspicano anche per altre diverse discipline, il che contribuisce a rafforzare tale scelta.
Parlando, invece, delle commissioni territoriali, si deve apprezzare che il loro deciso rafforzamento anche in termini di risorse umane è una risposta assolutamente giusta e coerente. L'articolo 12 del decreto-legge, infatti, autorizza il Ministero dell'Interno ad assumere fino a 250 unità di personale a tempo indeterminato da destinarsi al servizio delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e della commissione nazionale per il diritto d'asilo, mentre l'articolo 14 prevede l'aumento di venti unità di personale dipendente presso le sedi diplomatiche e consolari in Africa. Non vi è dubbio, infatti, che di fronte all'enorme aumento delle domande di protezione internazionale nel quadriennio 2013-2016 che sono passate da 26.620 alle attuali 123.600, l'unica risposta adeguata per ridurre i tempi delle delibazioni delle suddette domande fosse, da un lato, implementare l'organico delle commissioni e, dall'altro, intervenire nei Paesi di origine dei migranti e, quindi, sull'organico delle sedi consolari e diplomatiche in Africa.
Con riguardo ai temi della sicurezza e dell'identificazione degli stranieri regolari il decreto-legge in esame affronta con grande determinazione questioni importanti, ben sapendo che conoscere e identificare rappresentano il primo e il fondamentale passo nella direzione della prevenzione ed allo stesso tempo costituiscono anche il presupposto per evitare strumentalizzazioni o superficiali banalizzazioni che alla fine si ripercuotono solo in capo a chi senza colpe e con tutti i diritti chiede una protezione internazionale. In questo contesto assume, quindi, estremo rilievo l'articolo 17 che prescrive il rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico dello straniero, sia per i casi di attraversamento della frontiera, sia nei casi in cui lo stesso venga rintracciato sul territorio nazionale e si trovi nella condizione giuridica di irregolarità ed, anche, e soprattutto, che il persistente rifiuto a sottoporsi a tali procedure possa costituire pericolo di fuga, ai fini del trattamento nei centri di cui all'articolo 14 del Testo unico sull'immigrazione. Tale prescrizione e quanto stabilito al successivo articolo 18, e cioè l'interconnessione del sistema informativo automatizzato gestito dal dipartimento della pubblica sicurezza con il centro elaborazioni dati interforze, con il sistema informativo Schengen e con il sistema automatizzato di identificazione delle impronte AFIS, gestito dalle forze di polizia, rappresentano uno strumento di conoscenza, di analisi e di prevenzione assolutamente straordinario.
Del resto, in un contesto internazionale che favorisce e alimenta situazioni di radicalizzazione e devianza, l'attività di contrasto a fenomeni criminali quali il terrorismo non può prescindere, non può assolutamente prescindere da un'efficace azione di prevenzione e conoscenza della quale le suddette norme e procedure costituiscono un insostituibile strumento.
Un'ultima considerazione voglio riservarla ai centri di permanenza per i rimpatri che vanno a sostituire i CIE di vecchia e triste memoria. Triste memoria, sì, sia per quanto attiene al loro sistema di gestione, sia per le precarie condizioni in cui erano costretti a vivere i migranti, sia, infine, per quanto riguarda la loro efficacia. Oggi, grazie al lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul tema dell'accoglienza, identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, di cui voglio qui ringraziare tutti i componenti, abbiamo piena conoscenza di questa triste memoria che, se non ci appartiene come coloro i quali l'hanno costituita, è certamente una triste memoria per noi. E se il Governo ha mutato strategia ciò è anche dovuto a questa consapevolezza documentata. Non si è solo cambiato il nome, anche se questa circostanza ha la sua importanza, riguardo ai fini, ma si sono previste nuove regole di gestione e nuovi stanziamenti; non più pochi ed enormi centri di accoglienza, ma strutture di medie o piccole dimensioni, allocate su tutto il territorio nazionale, in siti individuati dopo aver sentito i presidenti di regione o delle province autonome, strutture dove il rispetto per la dignità per la persona non sia una condizione eventuale, come, purtroppo, abbiamo avuto modo di prendere atto, e dove, invece, i tempi del trattenimento massimo siano assolutamente definiti.
Il tempo a disposizione mi induce a contenere il mio intervento, nonostante vi siano ancora molti aspetti che dovrebbero essere meritoriamente segnalati, come l'impiego dei richiedenti protezione internazionale in attività di utilità sociale o il ripristino dello stato di detenzione per il tempo strettamente necessario, ovviamente, a dare esecuzione all'espulsione dello straniero irregolare nei confronti del quale sia stata disposta l'espulsione a titolo di sanzione o di misura alternativa alla detenzione, quando il rimpatrio non sia stato, invece, possibile.
Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio, quindi, alla conclusione, sicuro di aver sostenuto un provvedimento che efficacemente rafforza l'azione del nostro Paese in relazione ad un fenomeno di proporzioni davvero imponenti. Questo provvedimento rappresenta, una volta ancora, il segno di come alle parole noi facciamo seguire i fatti, di come si possa coniugare accoglienza e rispetto delle regole.
L'Italia deve essere orgogliosa per quello che ha saputo fare sino a oggi, orgogliosa, veramente orgogliosa, spesso da sola, con una generosità straordinaria, con uomini e donne che hanno saputo anteporre i Valori con la lettera maiuscola rispetto alle semplificazioni e alle urla propagandate dalla politica opportunista e populista, alla ricerca solo di facili consensi e non certo di soluzioni. Questo decreto fornisce gli strumenti adeguati per fare di più e meglio.